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    Le centrali cooperative scrivono alle Camere di Commercio per chiedere misure a sostegno del tessuto economico

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Home Notizie dalle Cooperative

L'intervento di Federica Protti (Legacoop Romagna) alla presentazione del Social Impact Report di For.B

admin by admin
April 22, 2016
in Notizie dalle Cooperative
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Viviamo una fase storica di profondo mutamento antropologico del nostre comunità: sono entrati in crisi i legami familiari. Il numero delle persone che vivono sole ha superato il numero delle persone che vivono in famiglia; l’isolamento è una condizione normale; il modo di produzione contemporaneo ha sciolto le solidarietà orizzontali e sgretolato i doveri comunitari.

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Nel complesso si tratta di determinanti che hanno trasformato la “geografia dei bisogni e dei servizi”. Le comunità che fino ad un decennio fa costituivano un luogo in cui si definivano meccanismi di solidarietà quindi di “presa in carico collettiva” dei singoli problemi, non sono più in grado di assolvere a questo compito, avendo snaturato molto velocemente la propria composizione.

Nel nostro sistema regionale il welfare è sempre stato un tratto distintivo: un motore di sviluppo che ha creato buona occupazione, ridotto le disuguaglianze redistribuendo risorse e favorito i processi di inclusione sociale.

L’aumento della vulnerabilità sociale delle famiglie e dei giovani, insieme alla crescita della popolazione anziana e alla modifica della composizione delle famiglie, sono infatti fenomeni ben presenti nel nostro territorio, alla base di un generalizzato sentimento di precarietà e disorientamento. L’allentamento dei legami sociali, che da sempre costituiscono le fondamenta del nostro capitale sociale, mette a repentaglio la tenuta e la coesione del nostro tessuto sociale.

Occorre pertanto puntare, come indicato dal Patto per il Lavoro della Regione Emilia Romagna, a un sistema di welfare più inclusivo, aperto, dinamico e partecipato, che si pone l’obiettivo di aggredire l’emergenza guardando contemporaneamente alla ricostruzione delle reti sociali, chiamando alla corresponsabilità degli utenti stessi con politiche abilitanti, iniziative di co-produzione e co-progettazione, in grado di far interagire tutte le risorse economiche umane e territoriali”.

La Regione Emilia Romagna ha recentemente licenziato una direttiva che promuoverà azioni di sostegno alle persone fragili e vulnerabili. Le risorse che verranno messe a disposizione, tra la misura nazionale per il Sostegno all’Inclusione Attiva, la misura regionale Reddito di Solidarietà e altre risorse FSE, crediamo debbano essere gestite il più possibile dai Comuni, dalle Unioni o dai Distretti, in forma singola o aggregata ove possibile. I servizi territoriali se avranno le risorse a disposizione nei prossimi anni potranno davvero giocare la sfida della presa in carico e attivare tutti gli attori, del privato sociale, in grado di offrire il sostegno ad un percorso di inserimento lavorativo e di riscatto sociale. Su questo terreno, la cooperazione sociale d’inserimento lavorativo può e deve battere un colpo.

Nel ripensare ai principi e al concetto stesso di sviluppo, occorre sottolineare la portata e le potenzialità del welfare come produttore di economia sociale, la sua capacità di rispondere a bisogni sempre più differenziati e personalizzati, rafforzando la qualità del capitale sociale territoriale, secondo principi di solidarietà e promozione dell’autonomia delle persone, a cui il sistema dei servizi regionali deve puntare per il più lungo tempo possibile.

La cooperazione sociale è strumento di welfare attivo perché inserisce al lavoro soggetti svantaggiati che non avrebbero tante altre chance sul mercato del lavoro e proprio in ragione dell’alto valore sociale che produce ha, e deve avere, una “corsia preferenziale” per avere servizi da svolgere da parte delle amministrazioni pubbliche.

La legge 381 del 1991, legge base della cooperazione sociale in Italia, ha stabilito un principio fondamentale per le cooperative sociali di inserimento lavorativo.

Crediamo quindi che la politica non possa abdicare e debba scegliere se questo strumento di welfare attivo e capacitante, la cooperazione sociale, vada giustamente aiutato e correttamente supportato oppure sia da cancellare questa esperienza o snaturarla a tal punto che perda il proprio valore di inserimento sociale e lavorativo. Questa è la domanda di fondo che va posta alla politica e alle istituzioni.

Dalla risposta che avremo dovranno esserci le conseguenti azioni, perché non è possibile dire che si vuole aiutare la cooperazione sociale poi però si fanno gare al massimo ribasso o con offerta economicamente vantaggiosa mascherate, ci si rivolga a strumenti come Intercenter che pur essendo regionale non ha in minimo conto clausole sociale o salvaguardie a favore di soggetti svantaggiati, e si potrebbe andare avanti per ore.

La cooperazione sociale d’inserimento lavorativo nasce per dare risposte ai bisogno di un territorio. Per anni si lavora a testa bassa, senza pensare a quanti inserimenti, quali progetti individualizzati, a quale impatto il “SI PUÒ FARE” abbia sulle persone, le comunità, i territori.

Sono gli anni della 381, dell’opportunità data a queste cooperative, dell’art. 5, di non passare per i bandi di gara, utilizzando lo strumento dell’affidamento diretto: il territorio, le istituzioni, la politica sono tutti dalla stessa parte, dalla parte di chi cerca di dare pari opportunità di autonomia e lavoro a persone che diversamente non ne avrebbero.

Sono gli anni in cui grazie agli affidamenti diretti, la cooperazione sociale di tipo b cresce, si sviluppa, diventa impresa a tutti gli effetti, e si misura con un mercato che cambia. S’incomincia quindi a parlare di bilanci sociali, di modello d’inserimento lavorativo, cercando di rendicontare quel lavoro quotidiano che molto spesso la cooperazione sociale è più brava a fare che a dire.

Poi l’arrivo delle nuove direttive europee del 2014 sugli appalti e concessioni, che potenziano le opportunità rappresentate dagli appalti riservati e dalle clausole sociali; la Legge di stabilità 2015 e le direttive dell’AVCP, oggi ANAC con le recentissime linee guida per l’affidamento di servizi a enti del terzo settore e alle cooperative sociali.

Nel mezzo, lo scandalo di Mafia Capitale e il clima diffamatorio che purtroppo la cooperazione sociale si trova a dover affrontare per colpa dei furbetti del quartiere.

Purtroppo questo panorama, riassunto in estrema sintesi, assai favorevole allo sviluppo di politiche sociali, non è stato sufficiente a superare le paure e rassicurare gli Enti con la conseguenza che alcune interpretazioni, alimentate anche dall’esigua capacità di spesa di questo particolare periodo, hanno avuto ripercussioni sulle modalità di affidamento da parte di stazioni appaltanti a discapito della cooperazione sociale.

Come Legacoop insieme alle altre centrali cooperative della Romagna, abbiamo in questi mesi creato momenti di confronto tra Enti Pubblici e cooperative sociali, allo scopo di dare tutti gli strumenti normativi utili allo sviluppo dell’inserimento lavorativo, certi che la conoscenza sia il primo motore per alimentare e condividere percorsi e progetti di territorio che possano migliorare l’occupazione e l’inclusione di soggetti deboli e che fornire a tutti gli “addetti ai lavori” strumenti tecnici aggiornati da utilizzare

Il territorio emiliano romagnolo è sicuramente il più avanzato nel welfare a livello italiano e tra le prime regioni a livello europeo e quindi non siamo certamente all’anno zero.

La Regione e i nostri comuni hanno sempre idee e attenzioni al mondo del sociale: penso alla legge regionale sulla cooperazione sociale del luglio 2014 e al Protocollo d’intesa per la promozione dell’inserimento  lavorativo tramite la cooperazione sociale di tipo “B” del Comune di Forlì sempre del 2014, ma anche qui dobbiamo essere rigidi nel far sì che questi strumenti abbiano poi le gambe per correre, ad esempio dando decreti attuativi e schemi di convenzione per quello che riguarda la legge regionale o misurare i dirigenti e la macchina amministrativa sull’utilizzo o meno dei regolamenti comunali.

A livello regionale, dopo l’approvazione della legge sulla cooperazione sociale, è stato messo a punto, un documento che definisce le “Linee Guida Regionali sull’affidamento dei servizi alle cooperative sociali”, uno strumento operativo a supporto delle stazioni appaltanti. Dopo mesi di intenso e costruttivo lavoro, a cui come Legacoop ha partecipato, le Linee Guida sono state definite nella loro versione definitiva e attendono ormai da alcune settimane di essere portate in giunta regionale. L’approvazione di questo strumento è quanto mai indispensabile ed urgente.

La cooperazione sociale d’inserimento lavorativo può dare il suo contributo per costruire servizi che diano risposte complete, integrate e che partano dalle biografie delle persone, e le cooperative sociali conoscono queste biografie meglio di tanti altri.

Come Legacoop crediamo che l’esperienza della cooperazione sociale nella gestione di servizi integrati a sostegno dell’inserimento lavorativo di disabili e svantaggiati e l’attività quotidiana di costruzione di reti per favorire i percorsi di mediazione al lavoro sia un patrimonio da valorizzare e su cui investire per rafforzare competenze e professionalità.

For.B nasce con questo obiettivo. Mettendo insieme due realtà storiche del territorio forlivese e diventando la più grande cooperativa sociale d’inserimento lavorativo del comprensorio forlivese.

160 persone di cui più del 50% di svantaggiati ai sensi della L.381, che lavorano nei settori come la raccolta differenziata, la gestione dei parcheggi, la cura del verde.

Grazie al supporto scientifico di Aiccon, For.B non si è limitata a rendicontare il proprio lavoro ma a capire come e in che misura, il lavoro quotidiano dei tanti soci e lavoratori di una cooperativa sociale impatta sui singoli e sulla comunità di un territorio.

Questo lavoro permette di rilevare le diverse sfaccettature dell’impatto sociale, giungendo ad affermare come l’impatto sia significativo non solo per gli utenti, i lavoratori svantaggiati e il cittadino che riceve il servizio, ma anche in termini di:

– occupazione generata e qualità dell’occupazione (stabilità, occupazione per i giovani, i meno formati, le donne);

– capitale sociale e benefici alla comunità;

– risparmi per le pubbliche amministrazione (dovuti alla riduzione di domanda per spese sanitarie ed assistenziali pubblica, riduzione del numero di persone beneficiarie di trasferimenti monetari).

Proprio su quest’ultimo punto, vediamo dai dati presentati oggi, come siano circa 115.000 € i risparmi che la Pubblica Amministrazione ha sull’inserimento lavorativo di invalidi fisici, o disagio psichiatrico o dipendenza che For.B porta avanti.

Questo si traduce in una riduzione della condizione di svantaggio verso una condizione di autonomia delle persone e la creazione di valore attraverso l’inclusione lavorativa con un miglioramento della qualità del tessuto sociale ed una maggior integrazione con la comunità locale.

Si riallacciano quei legami sociali, che da sempre, come dicevo in premessa, costituiscono le fondamenta del nostro capitale sociale, e che sono fondamentali per la tenuta e la coesione del nostro tessuto sociale.

Il lavoro non come mero costo di produzione ma strumento di riscatto sociale ed emancipazione per ogni persona.

Credo sia fondamentale avere degli strumenti come quello oggi presentato, non solo per la necessità ormai quotidiana che abbiamo nel trovare una risposta italiana all’orientamento in materia che ci viene dall’Europa, ma anche e soprattutto per la rilevanza a livello nazionale anche alla luce dei contenuti della Riforma del Terzo Settore in cui il concetto di impatto sociale viene legato al tema delle modalità di affidamento e delle clausole sociali.

Sta quindi anche a noi, come Centrali Cooperative, nel lavoro quotidiano di lobby positiva per il settore della cooperazione sociale nei confronti degli Enti Appaltanti, far si che questi strumenti non rimangano chiusi nei cassetti ma diventino strumenti operativi nell’attribuire punteggi per la valutazione dei risultati ottenuti.

I bandi di gara che devono tener conto del valore aggiunto prodotto dalle cooperative sociali d’inserimento lavorativo sul territorio e per il territorio e non essere messe al pari di aziende che sul territorio e per il territorio non producono niente e fanno dell’inserimento lavorativo solo un titolo dall’annoverare tra i requisiti.

Mi auguro che esperienze come quella presentata oggi diventino una buona prassi cooperativa. Uno strumento operativo che le stazioni appaltanti possano utilizzare in maniera proficua per misurare e premiare il valore dell’inserimento lavorativo di cooperative sociali come For.B.

 
Federica Protti
Responsabile Sociali
Legacoop Romagna

 

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